Il cuoco si “esibisce”  nello spazio di Identità Golose. "Il 
tema dell’alimentazione corretta è fondamentale - racconta - bisogna 
educare i bambini a mangiare bene"
Formidabile questo 2015 per Giancarlo Perbellini, ancora meglio della 
passata stagione in cui aveva aperto Locanda Perbellini a Hong Kong. 
Casa Perbellini – il concept rivoluzionario dove cucina e sala sono 
nello stesso ambiente, senza divisioni – in pochi mesi ha incontrato il 
favore di pubblico e critica: per la Guida dell’Espresso è stata la 
novità dell’anno (con un voto di 18/20, mai successo) e 85/100 per 
quella del Gambero Rosso. Non bastasse il debutto del sesto locale a 
Verona - anche se degli altri cinque cura solo la carta mentre 
nell’ultimo è presente quasi regolarmente – ha preso in gestione 
Dopolavoro Dining Room, il suggestivo ristorante del JW Marriott Venice 
Resort & Spa, sull’Isola delle Rose, a Venezia. Anche per Perbellini
 c’è stata la giusta “esibizione” all’Expo, nello spazio di Identità 
Golose: l’occasione per una chiacchierata a 360°.
Perbellini, è arrivato a Milano sicuramente felice. 
Vero. Con tanta curiosità per la 
manifestazione e la gioia per i riconoscimenti di due guide: non me 
l’aspettavo sinceramente, il concept di Casa Perbellini era inedito per 
l’Italia. E poi non sono uomo di certezze: ogni piatto, ogni locale, 
ogni scelta non per forza funzionano. Questa sì e sono contento 
soprattutto per la brigata che ha accompagnato con entusiasmo e impegno 
il mio progetto.
Cosa l’ha colpita dell’Expo?
Da un lato ho visto contenuti non all’altezza 
del tema e altri discutibili. Ma bisogna sottolineare che l’idea ha 
smosso la coscienza dei ristoratori e dei produttori in modo sensibile: 
abbiamo mostrato al mondo chi siamo e cosa siamo in grado di offrire. E 
forse pure noi abbiamo capito che se lavoriamo in gruppo, non ci sono 
Paesi che tengano sul fronte agroalimentare. Quindi a qualcosa è 
servito.
Il
 tema “Nutrire il pianeta” ha portato anche alla riscoperta della cucina
 del recupero, mai così d’attualità presso gli chef italiani. Lei cosa 
ne pensa? 
Che fa parte delle nostre radici e quanti – 
come me – sono cresciuti in campagna lo sanno bene. Ma un conto è la 
quotidianità in casa dove è una scelta oculata, un altro è praticarla 
nei ristoranti. Sono per la cucina che utilizza tutto, questo di sicuro:
 ma bisogna essere bravi cuochi per riuscirci.
Lei è in prima fila
 per una crescita sana delle giovani generazioni: ha siglato un alleanza
 con ProgettoMondo Mlal, Ong che da quasi 50 anni è presente in 22 Paesi
 in via di sviluppo.
Stiamo lavorando in Burkina Faso con un 
programma specifico – si chiama “Mamma” – dove la donna è protagonista 
nella famiglia. Villaggio per villaggio, si spiega come selezionare gli 
alimenti disponibili sul territorio e come cucinarli in modo da ottenere
 una ricetta ipernutriente. Il tasso di malnutrizione nella prima 
regione toccata dal progetto, Cascades, è stato dimezzato. In maggio, 
per sostenere l’Ong, abbiamo lanciato la campagna “Abbiamo Riso per una 
cosa seria. La fame si vince in famiglia”, vendendo riso al cento per 
cento italiano nelle piazze.
In Italia, per fortuna non abbiamo questi problemi, ma il tema per lei è molto importante.
Il tema dell’alimentazione corretta e 
dell’educazione nutrizionale è quanto mai valido, l’ho vissuto in prima 
persona seguendo i miei figli. I bambini vanno guidati molto presto a 
conoscere e gustare il cibo. Bisogna dare loro da mangiare qualunque 
cosa, con saggezza e moderazione, in modo che il più ampio ventaglio di 
sapori resti nella memoria. Dall’11 al 13 dicembre, organizzerò un 
evento a Verona, proprio rivolgendomi ai più piccoli: vorrei coinvolgere
 altri colleghi stellati, cucinando per 100 bambini a serata. E anche 
qui il ricavato andrà ai progetti per il Burkina Faso.
Abbiamo letto di una sua ricetta che contribuisce a conservare i luoghi storici di Venezia.
È merito di un’azienda, chiamata gli Orti di 
Venezia, che da cinque anni destina una parte del suo ricavato a 
finanziare progetti culturali e iniziative di restauro, come quello – 
portato a termine - del celebre Gobbo di Venezia al mercato di Rialto. 
Una bellissima iniziativa, che mi ha coinvolto in quanto ora ho un 
ristorante in Laguna. Tanto più che mi aveva convinto la sua linea di 
insalate con l’aggiunta di fiori edibili, coltivati biologicamente a 
Mira: così ho pensato a una tempura di gamberi su insalata in fiore, 
sedano e parmigiano.
Da appassionato di calcio e giocatore della Nazionale Ristoratori, come giudica il momento complicato del suo Milan?
Sono perplesso, vedo alti e bassi che non sono
 da grande squadra. Mi dicono che abbiamo sbagliato acquisti, poi vedo 
che metà della rosa gioca nelle varie Nazionali…C’è bisogno di 
compattezza più che di tempo mi pare, spero che Mihajilovic la trovi 
rapidamente sennò sarà un’altra stagione persa. Balotelli? Non discuto 
il talento ma non lo vedo mai concentrato come vorrei. 
Lei è da sempre fan di Roberto Baggio.
A me piacciono i giocatori di classe, i 
registi puri. Ma sembra che farli scendere in campo sia un problema, la 
vicenda di Pirlo con Allegri è la parabola esatta della mia teoria. 
Quanto a Baggio, lo considero il miglior esempio di “genio e 
regolatezza”, un poeta del calcio che faceva divertire il pubblico e 
dava una grossa mano a vincere. Ho sempre pensato che se avesse fatto il
 cuoco, avrebbe dominato il Bocuse d’Or (ndr, il prestigioso premio 
mondiale) di cui sono presidente per l’Italia. 
 Quest’anno per lei è da dieci in pagella. 
Sicuramente è un periodo molto buono, forse la svolta nella mia 
lunga carriera. Dico forse perché non parto mai sicuro del successo. Del
 resto, la cucina è in perenne movimento a partire dal prodotto: non è 
mai uguale, devi sempre interpretarlo nel modo migliore. In questo, solo
 se hai una grande squadra, puoi dare il massimo e raggiungere 
risultati. Senza non vai da nessuna parte. 
 
 
 
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